L’ACR è un modo per avvicinare il bambino alla chiesa e contribuisce, in maniera informale, a costruite la sua fede in base all’età.
Quest’anno sono stata responsabile del gruppo 9-11 e devo ammettere che non è stato per nulla semplice.
E’ difficile proporre giochi che coinvolgano tutti i ragazzini senza che nessuno sia escluso o si annoi disturbando gli altri.
Ricordo però in particolare un’occasione in cui l’attività è riuscita bene, e prenderò questo caso per spiegare un po’ più nel concreto di che cosa tratta ciò di cui ho parlato in questo blog.
Il tema centrale della giornata era la comunicazione non verbale ed avevamo chiamato il gioco “Parlare a specchio”: ogni bambino ha attaccato in fronte con un elastico un foglietto di carta con su scritta una parola(concreta o astratta). I bambini camminano sparsi per l’aula finché io non esclamo “VIA!!”. A questo punto devono formare velocemente delle coppie nelle quali ogni bambino senza parlare deve far capire a colui che gli sta davanti la parola che quest’ultimo ha in fronte. Una volta indovinata i ruoli vengono invertiti; e quando entrambi hanno individuato la loro parola vanno dall’animatore a farsi cambiare il cartellino sulla fronte e ricominciano a girare per la stanza alla ricerca di un nuovo compagno con cui comunicare.
Mi ha stupito veder come i bambini partecipavano dinamicamente a quest’attività e quanto fossero dispiaciuti quando questa è terminata. Tutto ciò ha annullato le mie titubanze e incertezze sull’esito positivo di quest’attività.
Ed ecco però che arriva il momento critico: quello post-gioco nel quale si devono tirare le fila dell’attività per cercare di comunicare a questi ragazzini qualcosa di utile, adattandolo al loro punto di vista e alla loro età.
E QUESTO NON E’ PER NIENTE FACILE: si dovrebbe essere in grado di coinvolgerli e intrattenerli, ma non sempre questo ci riesce.
Ci si potrebbe chiedere a questo punto: “ma che cosa centra la comunicazione non verbale con la fede??”.
Ecco, è proprio questa la domanda a cui cerchiamo di dare una risposta ed è anche ciò che dobbiamo trasmettere ai ragazzini durante l’ACR. Usare via alternative per comunicare loro la fede e i contenuti più spendibili quotidianamente della religione.
Credo che leggendo i post precedenti un po’ si possa intuire la risposta a questa domanda; cerco quindi di riassumere ugualmente ma in breve per non essere ripetitiva.
Dietro alla comunicazione non verbale ci stanno dei valori che non emergono in modo immediato. Tra questi vi sono per esempio: l’apertura, l’accettazione dell’altro e quindi la disponibilità ad entrare in relazione con lui, la collaborazione (talvolta un membro della coppia chiedeva aiuto ad un compagno vicino per spiegare al meglio la parola), la coscienza dei propri atti e la riflessione su di essi affinché la spiegazione risulti ottimale, la capacità di scegliere..e così via.
Tutti questi sono in un certo senso identificabili con quelli divulgati dalla Chiesa, ed in questo ambito sta a noi animatori creare tra le due polarità un ponte esplicito per i ragazzini.
E’ importante però non enfatizzare troppo questo aspetto poiché rischia di rendere il tutto noioso ed essere fonte di allontanamento dei bambini da questa attività, cosa che noi certamente non vogliamo!!
Parlare ai bambini di fede e religione a volte risulta essere un’ardua impresa probabilmente perché per loro si tratta di argomenti ancora molto astratti e irreali o perché tali contenuti vengono loro già proposti in altri ambienti (scuola, chiesa, catechismo).
I giochi proposti ,quindi, devono essere molto ben pensati e preparati affinché riescano bene nel loro obiettivo. Non sempre infatti se le attività non hanno successo è colpa dei bambini; in molti casi mi rendo conto che influisce ,tra le tante cose, per esempio la mia scarsa capacità di coinvolgimento ed intrattenimento la quale dovrebbe ancora potenziarsi. Sarebbe a mio parere interassante partecipare a dei corsi dove vengono insegnano strategie di coinvolgimento ; questo potrebbe aiutarmi a esplicare a il mio compito in modo sempre più efficace ed adeguato.
Quest’anno sono stata responsabile del gruppo 9-11 e devo ammettere che non è stato per nulla semplice.
E’ difficile proporre giochi che coinvolgano tutti i ragazzini senza che nessuno sia escluso o si annoi disturbando gli altri.
Ricordo però in particolare un’occasione in cui l’attività è riuscita bene, e prenderò questo caso per spiegare un po’ più nel concreto di che cosa tratta ciò di cui ho parlato in questo blog.
Il tema centrale della giornata era la comunicazione non verbale ed avevamo chiamato il gioco “Parlare a specchio”: ogni bambino ha attaccato in fronte con un elastico un foglietto di carta con su scritta una parola(concreta o astratta). I bambini camminano sparsi per l’aula finché io non esclamo “VIA!!”. A questo punto devono formare velocemente delle coppie nelle quali ogni bambino senza parlare deve far capire a colui che gli sta davanti la parola che quest’ultimo ha in fronte. Una volta indovinata i ruoli vengono invertiti; e quando entrambi hanno individuato la loro parola vanno dall’animatore a farsi cambiare il cartellino sulla fronte e ricominciano a girare per la stanza alla ricerca di un nuovo compagno con cui comunicare.
Mi ha stupito veder come i bambini partecipavano dinamicamente a quest’attività e quanto fossero dispiaciuti quando questa è terminata. Tutto ciò ha annullato le mie titubanze e incertezze sull’esito positivo di quest’attività.
Ed ecco però che arriva il momento critico: quello post-gioco nel quale si devono tirare le fila dell’attività per cercare di comunicare a questi ragazzini qualcosa di utile, adattandolo al loro punto di vista e alla loro età.
E QUESTO NON E’ PER NIENTE FACILE: si dovrebbe essere in grado di coinvolgerli e intrattenerli, ma non sempre questo ci riesce.
Ci si potrebbe chiedere a questo punto: “ma che cosa centra la comunicazione non verbale con la fede??”.
Ecco, è proprio questa la domanda a cui cerchiamo di dare una risposta ed è anche ciò che dobbiamo trasmettere ai ragazzini durante l’ACR. Usare via alternative per comunicare loro la fede e i contenuti più spendibili quotidianamente della religione.
Credo che leggendo i post precedenti un po’ si possa intuire la risposta a questa domanda; cerco quindi di riassumere ugualmente ma in breve per non essere ripetitiva.
Dietro alla comunicazione non verbale ci stanno dei valori che non emergono in modo immediato. Tra questi vi sono per esempio: l’apertura, l’accettazione dell’altro e quindi la disponibilità ad entrare in relazione con lui, la collaborazione (talvolta un membro della coppia chiedeva aiuto ad un compagno vicino per spiegare al meglio la parola), la coscienza dei propri atti e la riflessione su di essi affinché la spiegazione risulti ottimale, la capacità di scegliere..e così via.
Tutti questi sono in un certo senso identificabili con quelli divulgati dalla Chiesa, ed in questo ambito sta a noi animatori creare tra le due polarità un ponte esplicito per i ragazzini.
E’ importante però non enfatizzare troppo questo aspetto poiché rischia di rendere il tutto noioso ed essere fonte di allontanamento dei bambini da questa attività, cosa che noi certamente non vogliamo!!
Parlare ai bambini di fede e religione a volte risulta essere un’ardua impresa probabilmente perché per loro si tratta di argomenti ancora molto astratti e irreali o perché tali contenuti vengono loro già proposti in altri ambienti (scuola, chiesa, catechismo).
I giochi proposti ,quindi, devono essere molto ben pensati e preparati affinché riescano bene nel loro obiettivo. Non sempre infatti se le attività non hanno successo è colpa dei bambini; in molti casi mi rendo conto che influisce ,tra le tante cose, per esempio la mia scarsa capacità di coinvolgimento ed intrattenimento la quale dovrebbe ancora potenziarsi. Sarebbe a mio parere interassante partecipare a dei corsi dove vengono insegnano strategie di coinvolgimento ; questo potrebbe aiutarmi a esplicare a il mio compito in modo sempre più efficace ed adeguato.
Credo che il linguaggio non verbale sia un mezzo importantissimo per trasmettere ai bambini degli insegnamenti perchè riguarda direttamente l'interiorità dei bambini stessi che viene espressa. Molte volte un sorriso, un gesto valgono più di mille parole e i bambini, specialmente quelli più piccoli che stanno imparando a parlare bene, il linguaggio non verbale è un importante appoggio con cui si possono accompagnare i valori fondamentali della Religione.
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