Un animatore A.C.R. credo sia il risultato dell’unione tra un educatore ed un animatore dei villaggi turistici.
Alla serietà dell’uno si unisce la “felicità” e giocosità dell’altro: egli infatti deve essere capace di creare attività con un preciso obbiettivo facendo uso di giochi coinvolgenti e soprattutto divertenti per i ragazzi.
Credere in quello che fa, gli consente di svolgere questa attività in modo più fruttuoso sia per se che per gli altri.
Non ci si improvvisa animatori, ma l’esserlo è frutto di una vocazione, o meglio ancora di una predisposizione che si sviluppa e viene coltivata dentro di noi per esempio partecipando sin da piccoli all’A.C.R. o facendo altre attività di volontariato.
È vero infatti che chi vi ha preso parte sin da bambino è più spronato a continuare il percorso intrapreso diventando animatore una volta cresciuto, convinto di ciò che sta facendo.
“L’animatore A.C.R. deve saper divertire gli altri ma soprattutto deve DIVERTIRSI nel farlo”.
Questo è in un certo senso lo slogan degli animatori della mia parrocchia e sta proprio a significare che se l’animatore non si diverte vuol dire che forse non è adatto a rivestire questo ruolo, e deve essere sincero nell’ammetterlo.
I bambini hanno la straordinaria capacità di cogliere i nostri sentimenti anche se non ce ne rendiamo conto. Per cui un animatore disinteressato annoiato da ciò che fa, trasmette quest’attitudine anche ai ragazzi che a loro volta di certo non saranno partecipi e attivi.
È un circolo vizioso:
l’animatore non si diverte, i ragazzi lo capiscono e nemmeno loro cercano di divertirsi e partecipare, e di conseguenza l’animatore risulterà ancora più scocciato e meno invogliato nel fare A.C.R.
Egli deve capire che comunica in ogni momento con i bambini, sia in modo verbale che non verbale.
Molti bambini si confidano con noi animatori se hanno qualche problema prendendoci come punto di riferimento; ci sentono vicini a loro in quanto condividiamo e partecipiamo ai loro giochi ma nello stesso momento ci reputano grandi quanto basta per poterli aiutare.
Siamo dei fratelli maggiori: fungiamo da modello e da punto di riferimento; loro copiano ciò che noi facciamo e reputano “giusto” il modo in cui noi ci comportiamo.
Questo non solo durante l’ora di A.C.R. ma anche per strada, al supermercato o in chiesa.
In qualsiasi luogo e momento noi siamo animatori/educatori: è qualcosa che connota la nostra esistenza in modo indelebile.
Io stessa ricordo ancora i miei animatori e il modo in cui li vedevo e consideravo.
L’essere animatore è un attività legata alla chiesa, e questo è uno dei motivi per cui il numero degli animatori è scarso in alcune parrocchie: un pregiudizio molto diffuso che reputa l’animatore una persona troppo seria e non capace di divertirsi!!!
Questo è uno dei motivi per i quali soprattutto i giovani si allontanano da questa attività, considerando eccessivamente importante il giudizio degli altri su di loro.
“io vorrei fare l’animatore ma se lo faccio i miei amici mi prendono in giro”: mi ha detto l’estate scorsa un ragazzo quando gli ho proposto di venire a fare l’animatore.
Intraprendere questa attività di volontariato significa molte volte fare delle piccole scelte, sacrificare qualcosa per dire si ad altro che magari ci diverte meno: passare una sera alla settimana a programmare attività, trovarsi qualche pomeriggio per concludere le ultime cose rinunciando a qualche impegno, svegliarsi presto la domenica mattina per andare a messa e poi all’A.C.R., non andare a letto tardi il sabato altrimenti ci si sveglia come zombie impresentabili e così via…
Sacrifici che comunque non risultano di peso eccessivo se ciò per cui lo si fa ci interessa veramente.
Molti si chiederanno cosa ci si guadagna a fare l’animatore ovvero cosa spinge a farlo se oltretutto è anche un attività di volontariato.
Beh, per rispondere a questa domanda riporto la parere di un parroco a cui è stata posta questa domanda durante un seminario a cui ho assistito:
“al piccolo principe la volpe risponderebbe che ci guadagna il colore del grano”.
I rapporti con le persone danno ricchezza e ci permettono di toccare con mano l’immenso valore della vita.
L’A.C.R. fa si che sviluppiamo molte capacità quali quella dell’ascolto, della condivisione e dell’apertura all’altro e fa emergere le nostre potenzialità magari rimaste fino ad ora nascoste!
Le difficoltà e i problemi che possiamo incontrare volgendo quest’attività sono infiniti poiché si ha sempre a che fare con tante persone, tutte diverse e con mille aspettative!
Il punto di forza di ogni animatore? Beh, sicuramente il gruppo animatori con cui lavora che in ogni momento è di sostegno, se tra di loro c’è coesione!!
:)
Il punto di forza di ogni animatore? Beh, sicuramente il gruppo animatori con cui lavora che in ogni momento è di sostegno, se tra di loro c’è coesione!!
Concordo con quello che scrivi! Fin da piccola ho sempre partecipato al gruppo A.C.R. e i miei fratelli maggiori sono stati tutti animatori. Il loro esempio, unito al mio amore per i bambini, mi ha sempre fatto sognare di essere anch'io animatrice un giorno. Quando, in seconda superiore, mi è stato chiesto se volevo diventarlo, non credevo alle mie orecchie! Mi sono sentita molto importante e capivo che avrei avuto una grande responsabilità. Mi era stata trasmessa la gioia di donare del tempo agli altri e a mia volta volevo farlo. Ora vedo che anche i miei animati non vedono l'ora di diventare animatori, di “passare dall'altra parte”! Per chi comincia è un gran salto, si “diventa grandi” e ci si predispone ad imparare molto; ci si sente importanti perché si ha qualcuno di più piccolo a cui badare. Entrando nel gruppo animatori ho poi iniziato ad avere una mia compagnia quindi ne ho tratto dei benefici io stessa (far parte di un gruppo sociale è molto importante per un adolescente).
RispondiEliminaMi ricordo, però, che al di fuori del gruppo A.C.R., mi vergognavo di farne parte e non ne parlavo molto, perché era una cosa “di Chiesa”. Crescendo l'ho superato e adesso se dico che ho fatto animatrice tutti mi dicono “che brava!”... come cambiano le cose!!