venerdì 22 luglio 2011

L'ACR non è educativa solo per i bambini :)

L’episodio che qui riporto e che per me ha avuto valenza educativa è un’esperienza “negativa” ma educativa che ho vissuto in prima persona durante l’ACR e sulla quale ho avuto modo di riflettere molto.                                                                                                                                    Essa si riferisce allo scorso anno, quando ero animatrice del gruppo 6-8 assieme a due animatori di due anni più giovani di me.
Una domenica mattina durante l’incontro un bambino,incurante del fatto che io stessi spiegando come svolgere l’attività, ha cominciato ad infastidire e sbeffeggiare le compagne creando con loro un clima di scontro, sostenuto e incitato dalle risate degli altri maschietti. Gli abbiamo chiesto più volte di smetterla ma senza nessun risultato: i nostri richiami al contrario sembravano incoraggiarlo a continuare. Si era creato nella stanza un clima tale da rendere impossibile il proseguimento dell’attività e la cosa mi infastidiva parecchio. D’impulso mi sono alzata, e dirigendomi verso di lui ho iniziato a sgridarlo urlandogli di smetterla e sottolineando che nessuno lo obbligava a venire all’ACR dato che non era la prima volta che lui aveva comportamenti simili.
Nell’aula si era creato un silenzio profondo e il ragazzino mi guardava stupefatto. Dopo la mia sfuriata sono riuscita a portare a termine l’attività anche se da parte dei bambini (e soprattutto di quello che avevo rimproverato) non ho riscontrato nessun tipo di entusiasmo: mi  guardavano in modo strano quasi come avessero timore di me.
Anche al momento di salutarci il loro atteggiamento nei miei confronti era di distacco e molto più freddo rispetto al solito.                                                                         Questo loro comportamento è stato per me fonte di riflessione su come mi ero comportata quel giorno e durante la settimana mi sono confrontata con gli altri animatori per cercare di trovare una soluzione alternativa che tenesse conto sia dei miei obbiettivi che delle esigenze dei bambini.
La domenica successiva la situazione si è verificata nuovamente e sempre con lo stesso bambino. Ma questa volta ,cosciente di ciò che era successo la settimana prima e delle riflessione fatte, ho gestito l’attività in modo diverso sedendomi in mezzo a loro e rendendo così  l’incontro più interattivo. A questo punto non ero più io che impartivo loro un insegnamento ma ho cercato di far si che il messaggio alla base dell’attività fosso frutto dei loro interventi guidati da me. Ai bambini con qualche difficoltà di attenzione ho affidato dei compiti ,o meglio delle responsabilità, riuscendo così a tenerli occupati perché non fossero di disturbo al resto del gruppo e facendoli sentire utili.
Al termine dell’attività mi sono sentita pienamente soddisfatta; ero riuscita a raggiungere l’obbiettivo del mio lavoro con minor fatica rispetto alla volta precedente ed inoltre il clima del gruppo era sicuramente più sereno.

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